domenica 21 ottobre 2018

La strana coppia: Mendelssohn e De André - Introduzione al corso per l'a.a. 2018-19


Dal 1996 ne abbiamo fatta di strada insieme e, anche il modello del corso, pur non allontanandosi dalle prerogative e prospettive entusiastiche di base, negli anni ha mutato pelle, affinando sempre di più i campi di interesse musicale che, come è normale che sia, si sono ampliati, allargati, scavalcando gli ipotetici steccati di genere.
Il corso del 2017-18, dedicato agli anni Sessanta, ha attivato una vera e propria svolta che ci ha coraggiosamente spinti a sdoppiare i contenuti dei corsi in due grandi ali: quello della musica colta, accademica che, semplificando, chiamiamo “classica” e quello della musica contemporanea di consumo che gli esperti chiamano “popular music”. Ecco la proposta di scegliere due figure lontanissime ma che hanno il pregio di farci approfondire il dettato musicale della loro carriera musicale.
Uno è un musicista, un gigante della temperie romantica ma con una storia (personale e pubblica) tutta particolare, tanto che a lui certe definizioni di comodo stanno veramente strette. Mi sto riferendo naturalmente a Felix Mendelssohn Bartholdy: trattare di lui, significa partire proprio dalla domanda, posta a titolo del corso (Felix Mendelssohn Bartholdy: un "classico" romantico o un romantico "classico"?), non tanto per rispondere, scorgere certezze classificatorie ma, semmai, cogliere tutta una serie di itinerari stilistici di sorprendente libertà, al di là del supposto rigore formale (anticipando il dettato, in Mendelssohn è la regola è rendere liberi e… romantici).
L’altro è un cantautore, genovese, demiurgo di suggestivi mondi poetici, pur senza essere poeta (e ci ha sempre tenuto a sottolinearlo): Fabrizio De André. Non musicista, eppure sempre contornato da validissimi musicisti ben disposti a mettere al suo servizio le loro abilità compositive per rendere ancora più brillanti i versi delle sue canzoni. Così, nella seconda parte del nostro corso, De André è soprattutto un pretesto (già lambito lo scorso anno) per approfondire il valore aggiunto della musica nella canzone d’autore italiana. De André, in tal senso, è paradigmatico, vista l’ampia schiera di complici collaboratori (e collaboratori complici) che hanno lavorato agli arrangiamenti e alle orchestrazioni dei suoi lavori (Reverberi, Piovani, Mimms, la PFM, Harris, Prudente, Pagani e Milesi).   
Sfida interessante, insomma, ma su due binari ben distinti che portano, però, alla medesima stazione: la buona musica. E buona musica a tutti voi.  (Riccardo Storti)

giovedì 5 gennaio 2017

MAX STEINER... Quello che bisogna sapere e ascoltare.

Ma cosa si può dire dell'inventore della colonna sonora hollywoodiana?
Pochi dati, tanto per stupire:
E' viennese (classe 1888).
Il nonno Maximilian era il gestore del Theater au der Wien.
Il padre Gabor era un efficace organizzatore culturale nella Vienna che conta.
Suo padrino di battesimo fu Richard Strauss.
Suo maestro di pianoforte, Johannes Brahms.
Suo maestro di composizione, Gustav Mahler.
A 16 anni compone la prima operetta, poi, però, nel '14 scoppia la guerra e si trova costretto ad emigrare nel Regno Unito, dove la sua presenza non è proprio gradita. Allora un caro amico, il Duca di Westminster, gli fa ottenere un lasciapassare per gli Stati Uniti. E qui inizia l'avventura.
Arriva a New York e ha solo 32 dollari in tasca ma maestria da vendere come arrangiatore, orchestratore e direttore. Broadway lo accoglie a braccia aperte. 15 anni di gavetta e poi il trampolino di lancio: Hollywood e lì firma alcune pagine importanti.
Fondamentali le colonne sonore di King Kong (1933), Il traditore (1935), Via col vento (1939) e Casablanca (1942). Basta questo blocco per capire i principi dello stile musical-cinematografico di Hollywood. Eccovi, per ogni pellicola, le suite, con l'eccezione di King Kong, di cui forniamo la colonna sonora completa:











Alcune caratteristiche della poetica musicale di Steiner:
1) Le sue colonne sonore si servono di un linguaggio musicale diretto.
2) E' stato, di fatto, il pioniere di una colonna sonora, prossima a divenire un'arte capace di muoversi all'interno del film con le proprie gambe.
3) Ciò spiega la popolarità di queste composizioni che, spesso, riescono a sopravvivere alla proiezioni, entrando nelle sale da concerto.
4) La riconoscibilità del suo stile è riconducibile al DNA di estrazione romantica: poche note e capiamo subito che si tratta di Steiner.
5) Riprende da Wagner la pratica del leitmotiv: i personaggi trovano anche una loro caratterizzazione sonora attraverso un tema musicale preciso che ritorna nel corso del film e sottolinea tanto la presenza, quanto lo stato d'animo del "carattere" sulla scena cinematografica (a tale proposito, si leggano i saggi di David Allen  e di Michael Pratt). [Riccardo Storti]

domenica 1 gennaio 2017

PROKOF'EV AL CINEMA

Come promesso, due notevoli interpretazioni di due colonne sonore importanti, tratte da Spotify (così anche la qualità audio ne guadagna).

Qui, in un colpo solo, trovate l'edizione della Deutsche Grammophone con le suite da Il luogotenente Kijé e l'Alexander Nevsky (oltre alla bellissima Suite Scita):



Per una versione video, consigliamo:per Il luogotenente Kijé diretto dal russo Kirill Kondrashin alla testa dell'Orchestra della Radio e Televisione di Stato Giapponese (NHK):



invece, per quanto concerne l'Alexander Nevsky, un'interpretazione sotto la bacchetta di Claudio Abbado che dirige la viennese Gustav Mahler Jugend Orchester:




Informazioni sulle opere (da Flaminioonline):
- Guida al Luogotenente Kijé
- Guida alla cantata Alexander Nevsky


sabato 26 novembre 2016

Da Pizzetti a Breil (ovvero da Pastrone a Griffith)

Trattando il cinema degli inizi, ci siamo imbattuti nel primo importante lungometraggio italiano, Cabiria di Gabriele D'Annunzio per la regia di Giovanni Pastrone e la musica di Ildebrando Pizzetti. Il nucleo della colonna sonora sta nella Sinfonia del fuoco, ma la questione è ben più complessa di quanto sembri, visto che il "grosso" venne composto da Manlio Mazza, mentre Pizzetti si limitò a cedere la sinfonia e a garantire una certa supervisione (dettagli precisi, li potete leggere qui).
Eccovi la Sinfonia del fuoco

Nel caso, invece, vogliate proprio gustarvi il film, Youtube ve lo offre senza problemi.


Per approfondimenti, segnalo l'interessante saggio di Silvio Alovisio Il film che visse due volte.

E da Pastrone arriviamo al fondatore del cinema americano: D.W. Griffith. Il collegamento c'è (esiste addirittura un volume che ne parla). Quanto alle musiche, va subito detto che Joseph Carl Breil, il soundtracker di The Birth of a Nation e Intolerance, diresse l'orchestra durante la prima a Chicago nel giugno 1914 alla testa dell'orchestra dell'Illinois Theatre. E fu una folgorazione. Questo spiega perché il commento sonoro di entrambe le pellicole di Griffith risentano del clima sonoro di Cabiria.
Ma le musiche di Breil aggiungono qualcosa in più, cominciando a fissare una serie di convenzioni che ritroveremo più tardi nel cinema hollywoodiano.
Durante la lezione, abbiamo fatto riferimento solo alla colonna sonora di The Birth of a Nation, che è stata registrata su CD solo nel 1985 dalla The New Zealand Symphony Orchestra per l'etichetta Label X. Potete ascoltarne alcuni estratti sul sito Soundtrack.net.
Qui, invece, avete il film completo.

mercoledì 23 novembre 2016

PRIMORDI CINEMATOGRAFICI E MUSICA CLASSICA

Il cinema dei primordi, quando sentì l'esigenza, di avvicinare il proprio racconto al commento musicale, si servì di quel che la tradizione consegnava. Non solo: talvolta vennero coinvolti compositori "classici" affinché i suoni fossero dotati di un'adeguata "firma".





Camille Saint- Saëns, ad esempio, musicò L'assassinat du Duc de Guise, pellicola a sfondo storico di Le Burgy e Calmettes (1908).



Sempre Le Burgy e Calmettes saranno i registi di Le retour d'Ulysse (1908), musicato da
Georges Hüe, un allievo di Gounod e Franck.

 In Russia Ippolitov Ivanov (allievo di Rimskij Korsakov) si occupa di curare la musica per Sten'ka Razin di Drankov (sempre nel 1908).



In alcuni casi, si preferisce inserire pagine (più o meno famose) dal solido repertorio classico come nel caso di Faust di Andréani e Fagot (1910 - musiche dall'omonima opera di Gounod).



Idem dicasi per il film biografico Richard Wagner di Froehlich del 1913 (proponiamo la bellissima versione restaurata trasmessa dalla tv satellitare Arte con orchestra dal vivo).






domenica 20 novembre 2016

Codici e convenzioni. Alcuni esempi.

Come promesso a lezione, eccovi gli esempi che abbiamo analizzato e che qui potete riascoltare e rivedere.

















Il codice retorico degli ottoni nel cinema hollywoodiano: la suite della colonna sonora de La battaglia di Alamo (1960), musiche di Dimitri Tiomkin.




La World Music entra a Hollywood. Il baraat indiano nei titoli di testa di Monsoon Wedding di Mira Nair colonna sonora di Mychael Danna).




Una colonna sonora, anche qui, nei titoli di apertura, che gioca su emozioni contrastanti, tra spensieratezza e malinconia. E' quanto si ascolta all'inizio di In fondo al cuore (di Ulu Grosbard), una delle ultime colonne sonore di Elmer Bernstein. Classicità e maestria, a tratti sembra quasi recuperata la forma concertistica per strumento solista e orchestra.
Per ascoltare questa versione bisogna iscriversi a Spotify.