giovedì 5 dicembre 2013

GIUSEPPE MARTUCCI - Sinfonia n. 1 in re minore, opera 75. Guida all'ascolto.

Giuseppe Martucci diede alle stampe la sua prima sinfonia nel 1895, dopo un lungo lavoro di elaborazione durato circa sette anni. Si tratta di una sinfonia in quattro movimenti, contraddistinta da un tematismo ricercato, le cui componenti armoniche potrebbero richiamare Brahms. In realtà, questa sinfonia si offre come pretesto per trattarne - in maniera più approfondita - il linguaggio musicale, cogliendone i disparati addentellati intertestuali. La critica è abbastanza concorde nell'individuare quattro modelli di fondo, rintracciabili sostanzialmente negli exempla della Jupiter di Mozart e della Nona di Beethoven, assemblabili alla forza dinamica di uno Schumann, senza rinunciare a sconfinamenti tematici di marca brahmsiani (talvolta, addirittura prossimi anche al disegno contemporaneo mahleriano).
ALLEGRO: apertura in "medias res", senza tanti preamboli, con un tema A appassionato e dinamicamente vivace, la cui intensità drammatica potrebbe ricordare l'incipit della Renana di Schumann (ascolta) . Il tema B suona quasi come una variazione, più ariosa, dal vago profilo brahmsiano. Un dialogo coordinato secondo un'esperta mano orchestrale nel pieno rispetto della forma sonata; assai aggraziate le giustapposizioni chiaroscurali di profonda intensità espressiva e coloristica. Da notare come i legni emergano in controluce dallo sfondo degli archi (qui l'allievo Respighi imparerà molto).
ANDANTE: qui scorgiamo il Martucci più personale e quello più difficilmente assimilabile alle esperienze pregresse fin qui citate. L'Andante è per definizione un movimento rapsodico, in questo caso, però, mosso da due soggetti: il primo suonato dal violoncello, sostenuto da un adeguato corredo di archi, ha la fisionomia di un canto; il secondo nasce dall'addizione ritmico-contrappuntistica dei legni. Soffermiamoci sulla "voce" del violoncello: è quasi concertistica. Si potrebbe supporre che "assomigli a..."; forse sarebbe più prudente sottolineare che è "contemporanea" (o quasi...) ad altre pagine di delicata sensibilità espressiva. Basterebbe spulciare tra le pagine "lente" di episodi usciti dale partiture di Puccini, Massenet, Tchaikovskij, Borodin, Elgar e Grieg... Ovviamentela spinta contrappuntistica è farina del sacco di Brahms. Indubbiamente un Martucci musicista europeo. 
ALLEGRETTO: Eccolo Brahms. Una filiazione diretta dallo Scherzo (Allegretto grazioso) della Sinfonia n. 2 (ascolta). Il prevedibile schema ABA' risulta non omogeneo. Il tema saltellante A genera una sorta di sviluppo che potremmo etichettare - impropriamente - come B e che si estende per larga parte del movimento; infatti la ripresa (A') è posta alla fine, come ideale conclusione dell'intero movimento. C'è il sospetto che l'attitudine alla variazione prevalga sulla forma standard.
MOSSO - ALLEGRO RISOLUTO: Contro ogni logica programmazione sinfonica, Martucci si serve di un movimento dalla doppia indicazione agogica per un finale (quando solitamente tale schema è più frequente nel primo movimento).
Il Mosso (ripresa dell'Allegro iniziale) sembra porre ai blocchi di partenza tutti gli elementi che ritroveremo nell'Allegro Risoluto. L'atmosfera rarefatta, quasi dispersive, ricorda certe nebbie sonore sollevate da alcuni poemi sinfonici di Scriabin o Strauss oppure da evocative tensioni armoniche riconducibili a Mahler o a Musorgskij. La fitta trama dei contrabbassi potrebbero riportarci alla memoria passaggi della Sinfonia fantastica di Berlioz o della Faust-Symphonie di Liszt, soprattutto quando vengono liberati gli altri elementi timbrici. Ed è un crescendo di ottoni ad introdurci nell'Allegro risoluto (altro segnale che il buon Respighi  accoglierà nei suoi I pini della Via Appia, mediandoli attraverso la lezione rumoristica straussiana [ascolta]). Colpisce lo stop and go tra passaggi drammatici e radure di ineffabile quiete: un movimento ben più uomorale di quanto sembri, nonostante l'attenta rifinitura a tavolino. E - aggiungiamolo senza remore - pure un movimento "moderno", per la struttura cangiante rivolta più ad urgenze dinamico-coloristiche, che non armoniche. Quasi una sintesi di tre elementi che ronzazno nell'aria di quel fin de siecle: il contrappuntismo di marca classica di Brahms, l'opposta forza dinamica dell'artiglieria pesante wagneriana (opportunamente criptata, ma c'è... ) e la tendenza alla variabilità timbrica russa (Rimskij docet... ). [Riccardo Storti]

Ascolta la Sinfonia n. 1 di Martucci:



Mov.I: Allegro 00:00
Mov.II: Andante da 11:58
Mov.III: Allegretto da 20:51
Mov.IV: da Mosso - Allegro risoluto 27:09

sabato 9 novembre 2013

Cherubini, Bellini e Donizetti: insospettabili compositori strumentali

Prima di entrare nel vivo del corso, alcuni esempi "insospettabili" da tre operisti che, però, si sono mossi anche in ambito strumentale e con risultati suggestivi.
Il fiorentino Luigi Cherubini (così attivo nei teatri europei con la sua Medea) scrisse anche una sinfonia, considerata dagli storici della musica come la prima sinfonia italiana composta nell'Otticento. Si tratta di un lavoro che mette in luce molti debiti con Haydn e il primo Beethoven ma che, al tempo stesso, non rinuncia a quel briciolo di personalità melodica, inscindibile dal praticantato melodrammatico del musicista.



Un giovanissimo Vincenzo Bellini, invece, darà vita a ben 8 sinfonie di presunta destinazione operistica. Meritano un'attenta segnalazione la Sinfonia in Re Maggiore (BS 1209) e il Capriccio ossia Sinfonia per studio in do minore (BS 1968).



(per l'Allegro, cliccare qui e qui )



(per il secondo movimento, cliccare qui)

Di Donizetti, ricordiamo la produzione cameristica ed in particolare i 19 quartetti, da cui selezioniamo il Minuetto del n. 5 in mi minore.

QUEST'ANNO IN ITALIA!

Eccoci qua. Nuovo anno accademico e con un programma tutto dedicato all'Italia strumentale dall'Unità al Dopoguerra. Da Martucci a Petrassi, passando per Sgambati, la Generazione dell'Ottanta (Alfano, Respighi, Casella, Malipiero e Pizzetti), Giorgio Federico Ghedini e Luigi Dallapiccola. In mezzo tanti nomi più o meno conosciuti (Rota e Castelnuovo-Tedesco, ma anche Porrino, Pilati, Pick Mangiagalli... etc.). Siamo pronti... Abbiamo pure cambiato la tappezzeria del sito. Buon anno a tutti e sereni ascolti.

venerdì 13 settembre 2013

martedì 26 febbraio 2013

MOZART: Concerto per pianoforte e orchestra n. 27 in Si bemolle maggiore K. 595

Siamo nel 1791, l'ultimo anno. Va da sé che il periodo sia molto delicato e questo ultimo concerto rimane una delle sue pagine più vive ed emozionanti dell'opera di Amadeus. Mozart è ormai un musicista "nuovo" che ha saputo archiviare un'epoca, eppure desidera ritornare all'amata semplicità, rifuggendo da qualsiasi tentazione egocentrica. Ci riferiamo al solismo "a tutti i costi", all'estroversione ritmica e dinamica. Per tale motivo il K. 595 mostra un lirismo più intenso, una musicalità più diretta (quasi di ascendenza popolare) con melodie che si insinuano come le cellule tematiche di una sinfonia. In più il gusto dell'autocitazione (Il ratto dal serraglioJupiter nel primo movimento e il Lied Sehnsucht nach dem Frühling nel terzo)  e di quelle altrui (Haydn nel secondo movimento).
Qui potete trovare una valida guida all'ascolto.

Buona visione.